Che il fumo di tabacco, attivo e passivo, aumenti il rischio di malattie e di morti premature è purtroppo una realtà ormai acquisita a livello scientifico. Tuttavia, a dispetto del moltiplicarsi di iniziative globali e dell’implementazione di misure “smoke free” in vari Paesi del mondo, l’epidemia da tabacco miete ancora ogni anno più di 5 milioni di vittime come ci ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Con questi presupposti, e fermo restando che al momento il miglior metodo per smettere di fumare è quello di affidarsi ai Centri Antifumo del Servizio Sanitario Nazionale, tra i vari sistemi proposti per disassuefarsi dal fumo, più recentemente si sta diffondendo la sigaretta elettronica (e-cig).
La sigaretta elettronica è un prodotto predisposto per veicolare nicotina o altre sostanze in forma di vapore. La tecnologia, “made in China”, di cui esistono diverse tipologie, solitamente prevede una batteria al litio ricaricabile, una cartuccia sostituibile che può contenere nicotina e/o altre sostanze chimiche e un atomizzatore che, quando si aspira, trasforma il contenuto della cartuccia in vapore, riproducendo il fumo della sigaretta che viene così inalato dall’utilizzatore. Quando il liquido termina nella cartuccia, questa può essere riempita o sostituita a seconda del modello utilizzato. Nel fumo della sigaretta elettronica non c’è catrame, né monossido di carbonio e neppure le altre 4 mila e più sostanze che imbottiscono le sigarette tradizionali. Inoltre, cosa molto importante, manca la combustione, in quanto il liquido viene riscaldato con temperature che vanno dai 50° ai 70°C. Prodotti di questo tipo ricalcano la forma delle sigarette, sigari e pipe.
La maggior parte delle sigarette elettroniche sul mercato utilizza oggi un sistema basato su un vaporizzatore in grado di nebulizzare (per mezzo di riscaldamento) la soluzione contenuta nella cartuccia. Il fenomeno sta facendo breccia anche nel nostro Paese ma porta con sé uno strascico di dubbi e polemiche in merito alla sua sicurezza ed efficacia.
Il problema principale per i Ricercatori, e di conseguenza per i legislatori sanitari che dovranno regolamentarne la fabbricazione e la vendita, è che sotto la stessa definizione, sono accomunati prodotti che presentano invece una notevole variabilità di contenuti e verosimilmente di affidabilità tecnologica. E allora i pochi dati di letteratura disponibili a tutt’oggi andrebbero letti e interpretati tenendo presente questo assunto, con l’ovvia conclusione che alcune marche, che hanno fatto esaminare e certificare presso Istituti di Tossicologia il contenuto pre-aspirazione e il fumo attivo e passivo, risultano più sicure e affidabili di altre che non hanno effettuato tali analisi o che le hanno fatte eseguire solo parzialmente. A questo punto forse i Ricercatori dovrebbero uscire fuori da quella obbligata e talvolta inutile aura di imparzialità e riportare nelle loro pubblicazioni scientifiche esattamente il “brand” o i “brand” della sigaretta elettronica con cui sono stati condotti gli studi. In questo modo, in attesa che le autorità sanitarie arrivino ad una regolamentazione generalizzata, i fumatori e gli stessi Medici avrebbero più elementi, meno generici e più specifici, per decidere, se proprio c’è una richiesta da parte del Paziente, quale consigliare nell’ottica di limitare i danni. Pertanto, se non si conosce il brand di e-cig utilizzata nello studio può avere un significato limitato saper alcuni tra i più significativi risultati emersi dalle ricerche che comunque vi riportiamo.
L’FDA americana (Food and Drug Administration), nell’esaminare diverse marche di e-cig, aveva riferito (comunicazione del 22 luglio 2009) che in alcune marche erano state trovate tracce di sostanze cancerogene; solo in alcune delle marche esaminate si era trovato un ingrediente usato come anti-refrigerante, molto tossico per l’uomo. Alcune cartucce di e-cig, etichettate come non contenenti nicotina, avevano invece livelli di nicotina, per quanto bassi, presenti in tutte le cartucce testate.
Uno studio di Hadwiger della FDA ha addirittura ritrovato, in alcuni dispositivi che dichiaravano di non contenerne, oltre alla nicotina, tracce di sostanze farmacologiche il cui uso deve essere prescritto (Rimonobant e Aminotedalafil).
Una ricerca del 2012 promossa dalla Società Italiana di Tabaccologia ha misurato le sostanze chimiche presenti nel liquido e nei vapori, oltre che il particolato fine (PM) nell’ambiente dopo la vaporizzazione di una marca di e-cig. Il liquido contenuto nelle cartucce, all’analisi chimica, ha mostrato la presenza di glicole propilenico (66%) e glicerina (24%), mentre le sostanze aromatiche costituivano meno dello 0,1%. Il particolato fine ed ultrafine delle e-cig era molto più basso di quello di una sigaretta convenzionale.
Un lavoro di Bahl (nel 2011) ha dimostrato un effetto citotossico sulle staminali embrionali umane e sulle staminali neurali di topo, ma non sui fibroblasti polmonari.
La nicotina delle sigarette elettroniche viene assorbita anche con l’inalazione passiva, senza indurre significative modificazioni della funzionalità respiratoria così come invece avviene con le sigarette di tabacco, come dimostrato da un recentissimo studio di Flouris. A conclusioni opposte è invece giunto Vardavas e collaboratori nel 2011 che aveva riscontrato un aumento delle resistenze bronchiali e quindi una riduzione della funzionalità respiratoria dopo aspirazione di sigaretta elettronica.
La sigaretta elettronica era stata invece “promossa” al Congresso dell’European Society of Cardiology che ha messo a confronto 20 fumatori con altrettanti utilizzatori della sigaretta elettronica. I test sui 42 volontari sono stati condotti misurando i valori di frequenza cardiaca prima e dopo la sigaretta. Mentre i 20 fumatori di sigarette tradizionali mostravano un aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa sia minima che massima, negli utilizzatori della e-cig i valori risultavano immutati se si esclude un aumento lieve della pressione diastolica.
Molto spesso intercorre una grossa differenza tra i veri livelli di nicotina e quelli riportati sulle etichette come dimostrato da una ricerca uscita alla fine del 2012 su “Nicotine and Tobacco Research”.
Esiste infine anche un problema di sicurezza tecnologica, come dimostrato dalle recenti esplosioni di e-cig (Torino e Rovigo) con danni oculari e respiratori.
Ciò rafforza, ancora di più, la necessità che tutte le varie marche siano controllate e certificate secondo le norme di sicurezza dell’Unione Europea, oltre che per i contenuti, anche per la tecnologia che le supporta.
La sigaretta elettronica, almeno inizialmente, ha fatto la sua comparsa sul mercato come ausilio per la cessazione dal fumo. Il presupposto si fondava sull’ipotesi che una sostituzione della gestualità e ritualità, associata ad un qualche richiamo all’aroma del tabacco, con un oggetto molto simile alla sigaretta, potesse aiutare i fumatori a smettere. Diversi studi hanno valutato l’efficacia della e-cig, peraltro alcuni con risultati anche interessanti:
sono stati riportati benefici dalla riduzione delle sigarette di tabacco, come minore tosse, miglioramento della funzione respiratoria, più energia fisica;esiti favorevoli dell'e-cig rispetto all’inhaler di nicotina e al placebo, sia quanto a riduzione del craving, che quanto a gradimento e sensazione di irritazione oro-faringea sono stati riscontrati nello studio di Bullen (2010);
un lavoro di Dawkins (2012) sembra confermare l’effetto a breve termine nell’alleviare i sintomi astinenziali dopo 20 minuti dall’uso della e-cig;
uno studio osservazionale italiano di Polosa e collaboratori (2011), condotto su 40 fumatori non motivati a smettere, ha riferito il 22,5% di cessazioni col solo uso di e-cig a 24 settimane e una riduzione del numero di sigarette fumate nel 32,5% dei soggetti. Tallone d’Achille di questo studio è la mancanza di randomizzazione e di un gruppo di controllo.
Come si può notare al di là degli studi scientifici citati, e non conosciuti dal grosso pubblico, è evidenza di tutti i giorni nella pratica clinica dei Centri Antifumo che molti Pazienti fumatori che, arbitrariamente, preferiscono la e-cig come supporto per smettere di fumare, trovano beneficio nella riduzione, se non addirittura nello smettere. Pertanto, la sigaretta elettronica, una volta dimostratane la sicurezza, marca per marca, potrebbe trovare una sua collocazione soprattutto se inserita in un percorso antifumo.
Il fenomeno sigaretta elettronica pone anche un problema educazionale in quanto praticamente tutte le aziende che commercializzano questo prodotto stanno puntando a costruire una idea di assoluta innocuità e di uso domestico, anche in luoghi chiusi come uffici, camere da letto, aerei.
Siccome l’e-cig è un oggetto che desta molta curiosità e una quota significativa di ragazzi dice che vorrebbe provarne il gusto, è emersa l’idea che l’uso di e-cig possa introdurre all’uso delle sigarette di tabacco. Il rischio, cioè, è che la nuova moda scateni un meccanismo di emulazione.
Il fenomeno sta intanto mandando in fibrillazione Istituzioni sanitarie e Società scientifiche che si accorgono di dover inseguire e normare un fenomeno già esploso.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la e-cig un “rimedio fittizio” ed ha invitato le varie Istituzioni a procedere a nuovi studi soprattutto sulla sicurezza delle sigarette elettroniche.
L’Unione Europea intanto sta preparando una direttiva per trasformare la maggior parte delle sigarette elettroniche in prodotti medicinali.
Nel nostro Parlamento intanto nello scorso autunno è stato depositato un emendamento alla legge antifumo che stabilisce che “qualsiasi dispositivo meccanico o elettronico, che abbia la funzione di succedaneo dei prodotti di tabacco sia assimilato ai tabacchi lavorati e sia soggetto alle disposizioni in materia di distribuzione, detenzione e vendita”. I negozi diventerebbero subito fuori legge, perché le e-cig si potrebbero acquistare solo nelle tabaccherie. Intanto il Ministro Balduzzi ha appena fatto in tempo ad emanare una direttiva di divieto delle e-cig ai minori di 18 anni come avviene per tutti i prodotti di tabacco.
Al momento non ci sono divieti espliciti, se non a Lomazzo, in provincia di Como, dove il Comune ha vietato le sigarette elettroniche negli uffici pubblici. Sui treni, Trenitalia e NTV hanno deciso di chiedere ai controllori di invitare i passeggeri a spegnere gli apparecchi e a non farne uso nelle carrozze. La stessa linea viene seguita da Alitalia sui propri aerei. Anche se è evidente che il passeggero potrebbe tranquillamente rifiutarsi di accogliere l’invito. Pare anche che alcuni cinema comincino ad esporre il divieto all’interno delle sale. Ma non ci sono, come dicevamo, norme certe.
I dati fin qui esposti si prestano a diverse considerazioni, non tutte orientate verso la stessa direzione. Pertanto, d’accordo con la Società Italiana di Tabaccologia, allo stato attuale va deplorata la mancanza di una normativa che sottoponga la produzione e la vendita di questi dispositivi a disposizioni precise, tali anche da orientare i consumatori e garantire la qualità del prodotto, auspicando nel contempo l’estensione del divieto di fumo, ope legis, nei luoghi chiusi a questa categoria di prodotti.
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