18 Settembre 2012 10:43

Processo produttivo della birra

Processo produttivo [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Birrificio.

Il processo produttivo della birra può essere definito "birrificazione" o "brassaggio" e richiede numerose fasi di lavorazione.

La prima di queste fasi può essere definita maltificazione: l'orzo o gli altri cereali dopo essere stati selezionati e ripuliti, vengono immessi nelle vasche di macerazione, dove ricevono l'acqua e l'ossigeno necessario per la germinazione.

 

 

La sala di cottura della brasserie de Rochefort in Belgio

Questo processo dura in genere tre o quattro giorni durante i quali l'acqua è mantenuta a temperature comprese fra i 12 e i 15 gradi, e viene continuamente cambiata. Una volta che è stato raggiunto il grado di umidità sufficiente, l'orzo viene messo a germinare per circa una settimana nei cassoni di germinazione o comunque in un luogo ben aerato.

Il processo viene arrestato quando il germoglio ha raggiunto circa i due terzi della lunghezza del chicco, tramite essiccazione o torrefazione.

L'orzo maltato viene quindi macinato fino ad ottenere una specie di farina, quindi miscelato con acqua calda (circa 65-68 gradi). Questa fase è detta ammostatura, in quanto il malto si trasforma inmosto. Precisamente questo avviene quando l'amido ancora presente nel malto si trasforma in uno zucchero, il maltosio. La massa, mantenuta in agitazione, viene portata, con opportune soste, alle temperature ottimali per l'attività enzimatica di degradazione di amido e proteine, favorendone così la solubilizzazione nel mosto.

La parte liquida viene quindi separata dalla parte solida tramite filtrazione all'interno di un tino filtro, in cui il mosto con le trebbie viene pompato dal basso. Quando tutto il mosto è stato trasferito, si lascia che le trebbie sedimentino sul falso fondo forato, e si procede quindi alla filtrazione. Per raggiungere un buon livello di limpidità, il mosto viene fatto ricircolare più volte.

Il passo successivo è la cottura del mosto all'interno di apposite caldaie, tradizionalmente in rame (si tratta infatti di un buon conduttore termico che non si degrada eccessivamente). Il tempo di cottura è fondamentale per la scelta del tipo di birra che si vuole produrre ed anche per la sua qualità, in quanto durante questo processo avvengono la gran parte delle reazioni biochimiche; normalmente varia tra un'ora e due ore e mezza. Durante la bollitura, che nei birrifici moderni avviene tramite getti di acqua bollente ad alta pressione, si ha anche l'importante processo disterilizzazione del mosto. Sempre durante questa operazione avviene l'aggiunta del luppolo. In genere la sala di cottura viene considerata come il "cuore" del birrificio.

Nel corso dell'ebollizione, in seguito a reazione tra i polifenoli del malto e del luppolo e le proteine del malto, si formano complessi insolubili che costituiscono il trub a caldo. Questo tende a precipitare al termine del processo e l'allontanamento è considerato fondamentale per la qualità e la stabilità della futura birra. Tale azione è effettuata mediante l'uso del whirlpool, tino nel quale il mosto giunge tangenzialmente generando una forza centrifuga che determina la raccolta della fase torbida sul fondo, al centro del recipiente, e permette la separazione di una fase liquida limpida.

In seguito il mosto viene raffreddato fino a temperature per le quali può avvenire la fermentazione: dai 4 ai 6 gradi per la bassa fermentazione e dai 15 ai 20 gradi per quella alta; viene inoltre insufflato ossigeno in quanto il processo si può svolgere solo in condizioni di aerobiosi

La fermentazione si divide in due fasi; la prima, detta fermentazione principale, vede come principale protagonista il lievito, che ha la funzione di trasformare gli zuccheri e gli aminoacidi presenti nel mosto in alcol, anidride carbonica e sostanze aromatiche. Il processo che utilizza Saccharomyces cerevisiae è più rapido (ci vogliono in genere tre o quattro giorni) di quello a bassa fermentazione, in quanto si svolge a temperature superiori, e i processi di fermentazione sono favoriti dal calore. Questo lievito inoltre risale in superficie e viene recuperato con schiumature, e per questo è notevolmente economico.

 

 

Moderni serbatoi di fermentazione

La fermentazione secondaria (detta anche maturazione) invece consiste nel lasciare per circa quattro o cinque settimane la birra in grosse vasche di maturazione, ad una temperatura compresa fra 0 e 2 gradi. Questa operazione permette di saturare di anidride carbonica la birra e di far depositare i residui di lievito, oltre che per armonizzare i vari ingredienti.

Infine c'è la pastorizzazione che è un processo al quale non tutte le birre vengono sottoposte, che consiste nel portare la birra a una temperatura di 60 gradi per distruggere alcuni microrganismi e quindi conservare maggiormente il prodotto. La birra non pastorizzata viene definita cruda.

Alla fine del processo la birra viene filtrata per toglierle i residui di opacità e infine imbottigliata o infustata.

Esistono alcune birre che sono "rifermentate in bottiglia". In questo caso, prima di chiudere il tappo, si aggiunge del lievito in modo che, oltre alle due ordinarie fermentazioni, ne avvenga una terza che aumenta il tasso alcolico. Sono un'eccezione le birre di frumento che, pur avendo lievito all'interno della bottiglia, mantengono una gradazione normale.

Economia [modifica]

 

 

Paesi del mondo ordinati per consumo di birra pro capite

Stando a dati raccolti nel 2005, l'industria birraria è diventata un business di proporzioni globali, dominata da pochi soggetti internazionali[16] (InBev, Anheuser-Busch, SABMiller, Heineken,Carlsberg solo per citarne alcuni), accanto ai quali convivono molte migliaia di produttori minori che spaziano dai brewpub ai birrifici regionali.

Per avere un'idea dell'ordine di grandezza del giro d'affari, basti pensare che nel 2008 sono stati consumati oltre 180 miliardi di litri[17] di birra che fruttano entrate totali per un ammontare di circa 400 miliardi di dollari (dati 2007).[18]

Nel marzo 2008 la SABMiller divenne il più grande produttore di birra del mondo, acquistando l'olandese Royal Grolsch.[19] La belga InBev era quindi al secondo posto[20] di questa particolare "classifica" e l'americana Anheuser-Busch era in terza posizione. Tuttavia, il 18 novembre 2008 dalla fusione di queste ultime due società nacque la Anheuser-Busch InBev, che divenne così il leader mondiale del settore.[21][22]

Il primato dei consumi spetta ancora all'Europa con 72 litri/anno pro capite, anche se nel 2008 ha subito un calo della produzione e dei consumi[17]. Negli ultimi anni l'industria birraria si sta espandendo notevolmente in nuovi mercati emergenti come l'America Latina o in misura ancora maggiore l'Asia. La crescita è notevole soprattutto in Cina che è diventato il più grande mercato nazionale della birra con oltre 410 milioni di ettolitri prodotti[17]. Un caso particolare è quello dell'Oceania che, sebbene abbia consumi pro-capite al livello di quelli europei, conta poco in termini di volumi totali a causa della scarsa popolazione.

Produzione casalinga [modifica]

 

 

Un kit per la produzione casalinga di birra, comprende estratto di malto luppolato, lievito e istruzioni Per approfondire, vedi la voce Homebrewing.

Accanto a questo business mondiale è molto attiva anche la produzione casalinga, che rispecchia nel piccolo la produzione industriale. In genere le attrezzature necessarie per una birrificazione casalinga sono raccolte in kit e distribuite da ditte specializzate.

Per la produzione casalinga sono disponibili tre diversi tipi di procedimenti, che differiscono tra di loro per la difficoltà e per la qualità del prodotto finale:

  • birra da estratto di malto luppolato
  • birra da estratto di malto non luppolato con o senza aggiunta di grani speciali
  • birra da all grain (partendo dai grani di malto e dagli altri ingredienti non preparati in precedenza).

La produzione di birra da estratto salta alcune fasi importanti del processo, tra cui la mostificazione (mashing) e il lavaggio delle trebbie (sparging). Per questa ragione non è da considerarsi propriamente "birrificazione".

La situazione in Italia [modifica]

In Italia, il primo a coltivare luppolo per la produzione della birra fu il forlivese Gaetano Pasqui nel 1847; oggi, nel XXI secolo, ci sono pochi grandi birrifici tra i quali possiamo ricordare:

  • i tre stabilimenti Peroni di Roma, Bari e Padova, proprietà della multinazionale SABMiller, nei quali si producono anche Nastro Azzurro, Wührer, e Raffo;
  • lo stabilimento ex "Industrie Poretti" nel sito di Induno Olona presso Varese, dal 1982 proprietà della Carlsberg[23]; il secondo stabilimento situato a Ceccano presso Frosinone, dove un tempo veniva prodotta la Splügen Brau è stato chiuso nel 2009;
  • i birrifici Heineken Italia (Pollein, Massafra, Comun Nuovo, Assemini), che producono anche i marchi Birra Moretti, Birra Ichnusa, Birra Messina, Dreher e la birra Von Wunster storico marchio bergamasco;
  • L'alto atesina Forst, maggiore produttore italiano indipendente, controlla anche la Menabrea di Biella;
  • Birra Castello, produttore friulano attivo dal 1997 in seguito all'acquisizione di un impianto del marchio Birra Moretti. All'inizio del 2006 ha rilevato dalla Heineken anche lo storico stabilimento di Pedavena e il relativo marchio.
  • Drive Beer, a Baragiano in provincia di Potenza, che produce fra gli altri i Morena, Drive Beer, Black Royal.

Il resto della produzione si fonda quasi esclusivamente sui microbirrifici. Con questo termine si intende un produttore artigianale di birra non pastorizzata (e generalmente, ma non sempre, non filtrata) con una produzione annuale limitata (in genere si pone il limite a 5.000 hl annui[24], più di recente a 10.000 hl).

Per approfondire, vedi la voce Birra artigianale.

 

 

Il microbirrificio Cropton nelloYorkshire in Inghilterra

Il numero di microbirrifici è in continuo aumento, a partire dal 1996, quando contemporaneamente ne aprirono diversi.[25][26]

La produzione dei microbirrifici italiani nel complesso presenta una varietà notevolissima con birre ispirate ai più diversi stili internazionali, ed anche create con ingredienti e aromatizzazioni inusuali come farro, frutta e castagne.

Da qualche anno diversi microbirrifici italiani hanno cominciato un'attività di esportazione dei loro prodotti, principalmente sul mercato Stati Uniti, ricevendo un ottimo apprezzamento, come testimoniano i principali siti di rating.[27]

 

fonte:http://it.wikipedia.org/wiki/Birra

 

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